di Luca Sforzini, esperto d’Arte e proprietario del Castello di Castellar Ponzano (https://www.valutazione-quadri.it/)
Che cosa succede quando un maestro del gesto del Novecento incontra il regista della luce del Cinquecento? La risposta sta in una mostra che ha il coraggio di non essere didascalica: Emilio Vedova e Jacopo Tintoretto non vengono imbrigliati in una genealogia forzata, ma convocati dentro una stanza di risonanza.
Tintoretto lavora per scorci e fronti di luce: la figura non abita lo spazio, lo incide. Vedova, quattro secoli dopo, ritrova quella incisione trasformandola in urto gestuale. Entrambi rifiutano la posa, entrambi cercano l’evento. La pittura non “rappresenta”: accade. In tempi di immagini anestetizzate, questa è una lezione dura: l’arte non è wallpaper, è conflitto di energie.
Politicamente, il dialogo è nitido. Tintoretto è il pittore di una Repubblica in affanno che prova a tenere insieme teatro e governo; Vedova attraversa un secolo di ideologie e ferite. L’energia formale diventa etica dello sguardo: vedere significa prendere posizione. Così l’allestimento non è solo confronto formale, ma mappa di un temperamento italiano capace di stare nella storia senza dissolversi.
Nota da stimatore
Per opere di Vedova verifico: supporti e cornici d’atelier, stesure a strati (vinilici, acrilici, smalti), graffiature, colature “attive”, documentazione della Fondazione Emilio e Annabianca Vedova. Per Tintoretto/scuola: qualità del disegno sottostante, impasti delle carni, bruni profondi, provenienze veneziane e stato conservativo (ridipinture su fondi scuri).
Per stime e perizie su vedoviani, informale italiano, opere venete del Cinquecento: WhatsApp 3314125138 – email lucasforziniarte@libero.it (expertise con materiali, comparazioni e valore di mercato).
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